mercoledì 13 luglio 2011

Livorno? È come il deserto



















da: Il Tirreno - Livorno

Livorno? È come il deserto

«Pontino e San Marco un tesoro ma sogno che la Porta a Terra sparisca»

LIVORNO. Non ha pause l'estate di Theatralia, che in agosto parteciperà alla nuova edizione del Festival Melodrama, di Jelcz-Laskowice, in Polonia, dove sta approntando con le produzioni che andranno in scena nel mese di agosto, fra cui lo spettacolo "Paesaggio con Argonauti" di Heiner Müller (esponente principale della scuola brechtiana), tre scene di grande intensità dai testi misti in prosa e poesia, nelle quali si alternano assurdità e manie, sesso e comicità. Collage postmoderno ispirato dai classici di Euripide e Seneca, frammentato da quotidiana desolazione. Un'allegoria che rappresenta la fine del mondo capitalistico, declamata nelle diverse lingue d'Europa. La piéce è affidata al giovane regista Jonathan Freschi, che si è preparato intensamente sul testo di Müller e anche sulle diverse tesi collegate allo stesso. Origini livornesi da parte di padre (Marco, istruttore sportivo presso la palestra Nuovo Club a Salviano) e pisano- siculo da parte di madre (Alessandra Bitossi, dipendente di una compagnia assicurativa), un fratello (Yari, secondo ufficiale sulle navi passeggere), Freschi studia all'Università di Pisa, facoltà di Lettere e filosofia (gli manca un esame per dare la tesi) e insegna all'Itis Galilei di Livorno. Ma nei suoi progetti il teatro è al primo posto, così come lo è Livorno, una città che ama, pur guardando con occhio critico chi la governa. Quando ha pensato: mi occuperò di spettacolo? «Verso i dodici anni. Prima di allora ero terrorizzato dalla visione dei film di Charles Chaplin. Vedevo, e non so perché, nelle sue storie la morte. Poi invece sono riuscito a guardare Chaplin con altri occhi, rimanendone folgorato. E ho deciso di occuparmi di qualcosa che avesse a che fare con il suo mondo». Qual è stata la sua prima volta in pubblico? «Nello spettacolo "Giullarata Futurista" diretto da Emanuele Gamba nel 1999, con l'Itis Galilei, dove ho studiato informatica e dove ora insegno». Chi l'ha aiutata e chi invece l'ha ostacolata nel percorso legato alla scena? «La mia strada è stata ricca di molti incontri fortunati, che mi hanno aiutato ad andare nella direzione giusta: da Pardo Fornaciari, a Emanuele Gamba, a Pietro Cennamo. A coetanei come Giorgio de Santis, che lavora con me anche nell'ultima produzione di Theatralia "Paesaggio con Argonauti" di Heiner Müller, uno spettacolo non facile che debutterà in agosto al festival polacco Melodrama». Attore, regista, insegnante, studente un po' in ritardo negli esami. Ma qual è il campo in cui si sente di più nella sua pelle? «Oggi il mio interesse è soprattutto orientato verso il mondo teatrale di cui non potrei fare a meno per sentirmi appagato». Attore o regista. Quale ruolo preferisce? «Non fa differenza. Dipende tutto dal tipo di progetto». Sogno nel cassetto? «Mi auguro che non arrivi nella mia vita quello che temo di più: la noia. E spero che il mio futuro sia ricco di situazioni, incontri, viaggi interessanti (quelli che compio lavorando al seguito delle produzioni di Theatralia, per esempio)». Sogni realizzati? «Sicuramente il sogno di potermi dedicare a tempo pieno ai progetti che mi piacciono, senza dover scontare particolari compromessi». La sua famiglia preferiva per lei un altro percorso o la sostiene? «I miei vogliono solo la mia felicità e hanno scelto di investire in ciò che mi appassionava, benché la mia sia una strada poco rassicurante sotto molti aspetti, soprattutto economici». Quando e come è avvenuto l'incontro con Theatralia? «Ho conosciuto Pietro Cennamo, il suo ideatore e presidente, durante un bellissimo corso intensivo di formazione attoriale di sei mesi, diretto proprio da lui. Un'esperienza interessante che mi ha messo in contatto con insegnanti di discipline attoriali. Mi sono occupato poi, sempre con Cennamo, della messa in scena di Meinhof, Ulrike Es 154/76, rappresentata in anteprima a Berlino e ho seguito altri suoi lavori, come assistente, dando anche una mano all'organizzazione della scorsa edizione della rassegna polacca "Melodrama": la nostra è una collaborazione vincente, che spero duri nel tempo». Parliamo di miti. Quali sono i suoi? «Charlie Chaplin prima di tutto. Poi Carmelo Bene, Edward Gordon Craig, Eimuntas Nekrösius, Bob Wilson, Philip Glass. Lo scrittore Michelangelo La Neve, i cantanti Giovanni Lindo Ferreti e Blixa Bargeld». Testi teatrali preferiti? «"Prometeo Incatenato" di Eschilo e "Macbeth" di Shakespeare». Se potesse decidere con quale regista vorrebbe stare sulle scene? «In questo momento con Eimuntas Nekröius e, anche se appartengono a un mondo diverso, con il gruppo toscano denominato "Gli Omini" molto bravi e fantasiosi». Come regista invece chi vorrebbe dirigere? «Visto che si sta parlando di sogni...sogno a 360º e dico che mi sarebbe piaciuto lavorare con Gian Maria Volontè, magari in un'opera di Bertolt Brecht». Per il suo lavoro è andato e tornato, senza però lasciare Livorno definitivamente. Scelta o obbligo? «Metà e metà. Da una parte non ho mai avuto una reale occasione per trasferirmi altrove, dall'altra le esperienze lavorative che ho fatto nelle grandi città non mi hanno entusiasmato particolarmente e ho dovuto riconoscere che a Livorno, nonostante la situazione imbarazzante che sta vivendo il mondo della cultura, a causa di una classe politica assolutamente inadeguata, si lavora bene ai propri progetti». Se dovesse paragonare la sua città a un soggetto teatrale quale sceglierebbe? «Il paesaggio deserto, distrutto e devastato da una catastrofe atomica raccontato da Muller in "Paesaggio con Argonauti", il testo a cui sto lavorando ora: calza a pennello sul modo in cui vedo Livorno in questi ultimi anni». Pregi e difetti della livornesità? «Amo la tolleranza e lo storico rispetto di alcuni cittadini verso le altre culture, mentre penso che il più grande difetto di questa città si rispecchi nella sua classe politica. Un monolito inamovibile che sta distruggendo quel poco che è rimasto delle nostre tradizioni». Lasciamo stare la politica e parliamo di bellezze del territorio. Quale angolo di Livorno ama di più? «Il Pontino e piazza San Marco». E quale invece toglierebbe dalla carta topografica? «Quel luogo indecente, anche per la vista, chiamato Porta a Terra». Ha ancora degli amici d'infanzia o li ha persi strada facendo? «Le mie amicizie sono durature nel tempo e molte delle persone che frequento (alcune delle quali lavorano con me) le ho conosciute proprio fra l'infanzia o l'adolescenza». Qual è il ricordo più tenero che le viene alla mente se ripensa a lei bambino? «Il giorno che i miei genitori mi regalarono due gattini: una è sempre viva, si chiama Luna, ha 21 anni e mezzo e abita con me». Il suo primo dolore? «La caduta del muro di Berlino e la fine del mondo sovietico». Una gioia indimenticabile? «La scoperta della sessualità». Il suo pregio? «Forse quello di scacciare le certezze come la peste e venerare il dubbio...Anche se i pregi di un individuo dovrebbero elencarli gli altri...». Il suo difetto? «Ne ho molti, uno su tutti che mi rimprovero da sempre, è il fatto di non intervenire abbastanza attivamente nella realtà in cui vivo...Poi sono pigro, scostante e con un bel caratterino...». Cosa farà da grande? «Non lo so, forse il sindaco della mia città...Oppure, con la testa che mi ritrovo, tra un mese potrei essere a vendere cammelli nel deserto!».

11 luglio 2011

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